Landrieu-Lussigny, M.-H. et Pitiot S. (2018). La Côte Chalonnaise. Atlas et Histoire des Noms des Climats et des Lieux. Paris: Éditions de Monza & Éditions du Meurger,264 pp.,€ 49.00
A sei anni di distanza dall’ormai notissimo “Climats et Lieux-dits des grands vignobles de Bourgogne” degli stessi autori, limitato però alla sola Côte d’Or, ecco questo libro gemello (ma anche molto diverso) dedicato alla Côte Chalonnaise, regione assai meno conosciuta della Borgogna vitivinicola, ma non priva di espressioni di altissimo livello, sia per i vini rossi che per quelli bianchi. Favorita dalla notorietà internazionale della Côte d’Or e dalla conseguente crescita dei prezzi dei vini delle appellations più prestigiose, la Côte Chalonnaise sta diventando sempre più attrattiva per i visitatori e per i wine lovers.
Questo libro colma una vera e propria lacuna e non è difficile pertanto anticiparne un sicuro successo. La coppia degli autori (Marie-Hélène Landrieu-Lussigny, insegnante di francese, latino e greco, e autrice di un libro sui lieux-dits della Borgogna, per la toponimia, e Sylvain Pitiot, régisseur uscente del mitico Clos de Tart, per la cartografia), ormai consolidata, questa volta si avvale anche della collaborazione di Jacky Rigaux, autore di un breve capitolo introduttivo di presentazione generale della Côte Chalonnaise, oltre che delle brevi descrizioni di ciascun territorio esaminato, e di Françoise Renevret, che ha effettuato la traduzione dei testi in inglese. Per questo volume, infatti, si è optato per una sola edizione bilingue, piuttosto che su due diverse edizioni, in francese e in inglese, come per l’opera precedente. In effetti questa scelta è giustificata, oltre che per ragioni di economia, dal fatto che la Côte Chalonnaise comprende solo cinque appellations communales, un numero ben inferiore a quello della Côte de Nuits e della Côte de Beaune, e quindi era possibile contenere il numero di pagine in limiti ragionevoli. Mentre il primo volume era un (pur magnifico) Atlante, completato dalla sezione dedicata alla toponimia, che si configurava fondamentalmente come una vasta appendice, questo appare maggiormente un libro vero e proprio, con una dettagliatissima sezione cartografica. A dimostrarlo, i testi di introduzione alle varie appellations communales e la ricca documentazione fotografica, che rendono l’opera meno astratta e più godibile. In più, questa volta la sezione toponomastica, anziché riportata per intero in fondo al volume, è distribuita nei singoli capitoli, accrescendo così l’accessibilità delle varie informazioni, organizzate in base alla loro pertinenza territoriale. Per il resto i due volumi sono molto simili per concezione e struttura. Completa il volume prefazione del sindaco di Chalon-sur-Saône, Gilles Platret .
Dopo l’introduzione di Rigaux è un capitolo (presente anche nel volume precedente) che illustra brevemente la specificità del vignoble borgognone: un vigneto di collina, esposto a est e sudest, dal clima eccezionale, fondamentalmente monovarietale-pinot noir per i rossi e chardonnay per i bianchi-altamente segmentato, ma distribuito su un’area ridotta, estremamente articolato (anche per quanto riguarda la proprietà),di superficie contenuta. Eccoci dunque alla parte più specifica , sulla Côte Chalonnaise. Si comincia con l’AOC Bouzeron ,la più a nord, la porta d’oro della Côte, con soli due comuni concorrenti: Bouzeron e Chassey-le Camp: un’appellation che ha la sua unicità nel fatto che è la sola fare riferimento esclusivamente alla varietà aligoté, un vitigno un tempo diffusissimo in tutta la Borgogna, poi distrutto dalla fillossera e ormai dappertutto soppiantato dallo Chardonnay. Una varietà tuttavia molto interessante, oggi in grande rivalorizzazione, alla quale peraltro nessun vigneron borgognone (dalla Yonne al Maconnais) ha mai interamente rinunciato, e che si esalta nel terroir di Bouzeron. Ancora Jacky Rigaux illustra le caratteristiche dei vini di questa (come delle altre) AOC, e delle altre denominazioni regionali che sono utilizzabili dai vignerons del territorio. Poi è la volta di Rully, con i suoi magnifici bianchi, i suoi rossi e gli eleganti Crémant. Anche qui sono due i comuni concorrenti: Rully e Chagny. Differentemente da Bouzeron (26 climat classificati in appellation village, ma nessun premier cru) ha ben 23 climat premier cru . I rossi più importanti della Côte Chalonnaise si trovano però a Mercurey e a Givry. Mercurey (con Saint –Martin-sous-Montaigu) comprende ben 31 climat classificati come premier cru, mentre a Givry, concorrono all’appellation tre comuni differenti: con Givry, i vicini Dracy-le Fort e Jambles. I premier cru, nella più recente classificazione, sono ben 38 : la grande maggioranza a Givry, dove è anche poco meno del 90% delle vigne dell’appellation, in misura minore a Dracy-le Fort, soltanto tre a Jambles. Infine è Montagny , ormai quasi alle porte del Maconnais.Qui è lo Chardonnay a trovarsi maggiormente a proprio agio, e di fatti si tratta di un’appellation interamente in bianco. A Montagny è anche il numero più elevato di premier cru (49), distribuiti tra quattro comuni diversi: Montagny-lès-Buxy, ovviamente, che ne ospita anche il maggior numero, più Buxy, e una piccola porzione a Jully-lès-Buxy e Saint-Vallerin.
La struttura dei capitoli è la stessa per tutte e cinque le AOC della Côte Chalonnaise: presentazione generale del terroir di un paio di pagine, in francese e inglese, cartina e tabelle, il dettaglio dei climat e dei lieux-dit e l’origine dei loro nomi, ugualmente in versione bilingue. Le tabelle dei climat sono differenziate per i villages e i premier cru, mentre, diversamente dal primo volume, nel quale climat e lieux dit erano rappresentati distintamente, qui è riportata la sola carta dei climat . Insomma, si tratta di una trattazione esaustiva, molto dettagliata ma leggibile e niente affatto noiosa, anche se certo destinata a un pubblico professionale.
Il giudizio di Worldwineweb: assolutamente da non perdere.