Un rosé da 2.600 euro? Sembra impossibile, eppure una magnum di Muse de Miraval 2018, la cuvée di maggior prestigio dello château de Miraval, nel Var, ha davvero spuntato questa cifra in un’asta per la Fondation GoodPlanet di Yann Arthus-Bernard. Ancora un po’ snobbati dai cosiddetti intenditori in Italia, i rosé volano in Francia e negli Stati Uniti, dove i Domaines guida, Ott, Minuty, Esclans con il suo Whispering Angel, e naturalmente Miraval, vendono casse su casse estate dopo estate. Nel 2018 sono state prodotte solo 2.000 bottiglie (magnum) di Muse, che , nei canali di vendita online, era in vendita al prezzo assai più abbordabile, ma comunque mostruoso per questa tipologia di vino, di 260 euro, ma sono molte di più quelle della cuvée storica di rosé Miraval, AOC Côtes-de Provence, e ancora di più quelle della nuova cuvée “rock”, come è stata definita, Studio, prodotta nell’ambito della più accessibile categoria dell’IGP Méditerranée, nata per rispondere all’esplosione della domanda (e dei prezzi) dei rosé delle appellations Provence.
E’ di quest’ultimo vino che ci occupiamo in questo articolo: si può acquistare online per appena dieci euro la bottiglia in confezioni da 12 bottiglie presso Millésima, che propone anche tutte le altre cuvées di Miraval.
Dico subito che è un rosé molto ben costruito ed estremamente piacevole, anche se trovo personalmente forse un po’ troppo generosi gli oltre 90 punti attribuitigli da alcuni autorevoli valutatori internazionali. Il colore è un rosé praticamente trasparente: talmente chiaro che, in opportune condizioni di luce, sembra quasi quello di un vino bianco. Al naso è molto delicato, soavemente ciprioso, dominato dai piccoli frutti rossi, sul palato è di notevole freschezza, piacevolmente sapido, con lamponi, agrumi (lime e mandarancio) e un tocco di zenzero, molto fine. La chiusura è sapida, quasi salina. Insomma, delizioso come aperitivo e per accompagnare degli sfiziosi amuse-bouche o antipasti leggeri. Un vino creato per il mercato, ma che sarebbe ingeneroso e ingiustificato ritenere banale o comune. Anzi. Nasce da un assemblage di cinsault e grenache, rolle e soprattutto, al posto del syrah della cuvée Miraval, tibouren, un vitigno della costa a bacca rossa, corrispondente al rossese ligure, che contribuisce al bouquet e a dare rotondità al blend. Bottiglia elegante ma informale, con lo screw cap.
Come molti altri châteaux , anche Miraval ha un passato nobile. Si racconta che lo château, una affascinante costruzione in stile provenzale del ‘600, letteralmente circondata da vigne, pinete e oliveti fu costruito in prossimità di una delle cinque grandi strade che attraversavano la Gallia costruite dai romani. Nel Medioevo nel suo sito si sarebbero succeduti vari ordini monastici, e nel 1252 avrebbe brevemente soggiornato nelle vicinanze San Tommaso d’Aquino . Nel XVI secolo appartenne alla famiglia reale, e il principe di Napoli vi si sarebbe recato per trattare l’alleanza col re di Francia. L’edificio attuale, con un’imponente piccionaia, risale al XVII sec. , e si trova a Le Val, un villaggetto di 700 abitanti a una decina di chilometri da Correns (a circa 50 da Toulon, dieci in più da Aix-en-Provence). In epoca più recente, nell’800 appartenne alla famiglia Lambot (Joseph-Louis Lambot fu un inventore, precursore del cemento armato). Più interessante è la storia degli ultimi decenni. Nel 1970 fu acquistata dal pianista e compositore jazz Jacques Loussier, che vi fondò nel 1977 lo Studio Miraval, uno studio di registrazione di livello internazionale, nel quale registrarono i loro album numerosi gruppi: tra questi i Pink Floyd, che vi realizzarono il loro The Wall, Sting, il quale, prima di acquistare in Toscana, aveva pensato di acquistarla lui, Muse (con l’album Black Holes and Revelations), Sade, Courtney Love, The Cranberries.
Non è dunque un caso che la prima cuvée di rosé del 2012 fosse denominata Pink Floyd , quella di cui parliamo in questo articolo Studio, e Muse la più costosa. Nel 1998 Loussier vendette Miraval a un ricco uomo d’affari americano, Tom Bove, che l’acquistò in memoria della moglie che ne era rimasta incantata, e che era morta in un incidente aereo (il volo Ginevra-New York del settembre 1998), di cui fu una delle 229 vittime, mentre trasportava delle opere d’arte. Dieci anni dopo arrivò la coppia Pitt-Jolie, rimasta anch’essa affascinata dalla bellezza della tenuta, ma Bove non ebbe cuore di venderla subito e così cedette Miraval in affitto per tre anni, ma con un’opzione di acquisto che i due attori americani fecero valere nel 2011 pagando la “modica” cifra di 35 milioni. Miraval consisteva all’epoca di 600 ettari (oggi sono 1.000) di terra, che ricadono in due appellations vinicole, côtes-de-provence e coteaux-varois-en-provence, con circa 50 ettari di vigna, nei quali si trovano le uve tradizionali della regione, cinsault, mourvèdre, grenache, syrah, rolle e tibouren. Nel 2008 a gestire la vigna era ancora l’agronomo, che l’aveva curata negli ultimi dieci anni, Laurence Parlemont, ma Pitt (il più affezionato della coppia a Miraval: è stato lui ad opporsi alla sua vendita, nel 2016, dopo il divorzio) voleva che la proprietà, che era già un punto di riferimento per i bianchi nella regione, progredisse ulteriormente, e, così, dopo l’acquisto, contattò per coinvolgerla la famiglia Perrin: un nome prestigioso nel mondo del vino della regione , proprietaria dello château de Beaucastel, a Courthézon, e di molte altre tenute minori nel Rodano meridionale, e con un piede anche in America, a Tablas Creek, a Paso Robles, dove ha impiantato varietà del Rodano. L’incontro con la famiglia Perrin, che già cercava da diversi anni di acquistare un Domaine nella vicina Provenza, decollò molto velocemente. I Perrin intuirono immediatamente il grande potenziale della proprietà, in regime biologico già da una quarantina d’anni. Si giunse quindi ad un accordo di partenariato per la produzione e distribuzione dei vini al 50%, mentre la proprietà restava interamente nelle mani della coppia Pitt-Jolie. Il successo della partnership fu sfolgorante fin al momento dell’uscita della prima cuvée, che ebbe il nome , già di per sé di grande richiamo, Pink Floyd, in riferimento al passato di studio di registrazione di Loussier. Il primo millesimo vinificato sotto l’egida del nuovo sodalizio, del 2012, fu infatti il primo rosé ad entrare nella classifica dei 100 migliori vini del mondo di Wine Spectator: seimila bottiglie messe in vendita sul web si sono volatilizzate in sole cinque ore
Non c’è dubbio alcuno che la fama dei vini di Miraval (in gamma anche un bianco e un rosso) sia dovuta non solo alla qualità dei suoi vini ma anche alla notorietà dei suoi proprietari, gli attori Brad Pitt e Angelina Jolie. Pitt, peraltro, è stato anche il miglior agente del Domaine: non ha trascurato infatti di mettere a disposizione il suo Miraval per il ricevimento seguito alla presentazione del film Quentin Tarantino, “C’era una volta Hollywood” e ha addirittura trovato il modo di far inserire una serie di magnum del suo vino nel titolo dello stesso film.
Ora Miraval è lanciatissimo e pronto a sfidare la concorrenza dei colossi del rosé mondiale. In questi ultimi anni si è assistito ad una vera e propria esplosione della richiesta di questa tipologia dei vini da parte di consumatori sempre più conquistati dai nuovi stili alimentari salutisti e vegan. Il fenomeno Whispering Angel del Domaine d’Esclans, passato in pochi anni a milioni di bottiglie, ne è un esempio. Ma la crescita non è soltanto quantitativa. Marc Perrin, sempre più implicato nel progetto, ha contattato i noti microbiologi dei suoli Lydia e Claude Bourguignon, che hanno letteralmente radiografato le parcelle di Miraval, evidenziando una molteplicità di terroir d’interesse assoluto. Una di esse è molto simile a quelle di un grand cru alsaziano, ed è adattissima alla produzione di grandi vini bianchi. Ma altre evocano da vicino la Côte-Rotie, e Marc Perrin vi ha fatto subito piantare del syrah, facendovi altresì costruire dei muretti a secco per aumentare la temperatura della vigna attraverso la riverberazione del calore solare là dove l’uva aveva difficoltà a raggiungere la maturità. C’è anche un po’ di Borgogna, nella parte nord della proprietà, a 500 m. di altitudine: qui è una parcella di 4 ettari, disboscata e predisposta per impiantarvi del pinot noir. Diversamente sono stati espiantati i ceppi di cabernet sauvignon, non considerati all’altezza (diversamente che a Trevallon, dove è invece la star). Questa rivoluzione, volta ad affiancare ai celebri rosé dei vini bianchi e rossi di spessore, ha naturalmente toccato anche la cantina. La vecchia cuverie, non ritenuta più adeguata, per volontà di Pitt, verrà trasformata in un atelier di scultura, riprendendo e ampliando così l’antico rapporto di Miraval con l’arte. Miraval riprenderà anche, come aveva fatto Loussier più di trent’anni fa, ad ospitare musicisti, perché lavorino in tranquillità avendo a disposizione le migliori apparecchiature tecniche.
Gli spazi e le attrezzature destinate alla vinificazione sono stati completamente ripensati e ridisegnati, con la introduzione di uova di cemento, che Perrin ritiene ideali per produrre dei vini più puri, floreali e in grado di esaltare il carattere minerale-calcareo dei vini. Solo il 10% dell’attuale produzione vinicola etichettata Miraval (oggi si è a 2 milioni di bottiglie) è vinificato sul posto. La maggior parte è assemblata e vinificata a Orange. Anche le uve vengono solo in parte da Miraval: una parte importante, come ha ammesso Perrin, proviene da agricoltori vicini. E’ questa la ragione per la quale i vini di Miraval, pur essendo le vigne di proprietà biologiche, non riportano nessuna certificazione: non tutti i conferitori , infatti, convertiti alla viticultura bio. Qualche anno fa nacque un caso in proposito, quando Susan Manfull, autrice di un blog specializzato, “The Modern Trobadors” mise in dubbio l’autenticità del rosé bio di Miraval e Perrin dovette ammettere che, per quanto i due bianchi prodotti a Miraval (20.000 bottiglie l’anno) e la loro prima cuvée di rosso siano interamente biologici, il rosé non può ottenere la dichiarazione perché per la loro produzione si deve fare ricorso a uve acquistate.
Chateau de Miraval, 83570 Correns, Var (Francia), miraval.com