Ho assaggiato per la prima volta Château Gilette una quindicina di anni fa. Mi trovavo a Parigi ed ebbi l’opportunità di provare insieme le annate 1983 e 1985 , entrambe appena messe in commercio, dopo più di venti anni di affinamento in cantina. Fino ad allora (lo confesso) non ne avevo mai sentito parlare, né avevo la più pallida idea di dove fosse Preignac, il luogo dove lo produceva la famiglia Medeville.La prima cosa che pensai era che non avevo mai assaggiato nulla di simile. Sull’etichetta era scritto “Sauternes”, ma , scorrendo mentalmente la lista dei premiers e dei seconds crus del Sauternais, quel nome non lo ricordavo affatto. Semplicemente perché non c’é.
La seconda cosa che pensai è che il famoso classement del 1855 che distribuiva lungo una scala di valori dal primo al quinto livello i grandi crus del Médoc e delle Graves non era perfetto. Sì, perché Gilette è ben al di sopra di molti premiers e seconds crus classés, e non è certo un caso se oggi i suoi prezzi sono inferiori solo a quelli di Yquem. I Medeville, anzi i Gonet-Medeville, dopo le nozze tra Julie Medeville, la terza delle tre figlie di Christian e Andrée Medeville, che attualmente si occupa del domaine, e Xavier Gonet, viticultore champenois di Mesnil-sur-Oger, sono chiamati anche “les antiquaires de Sauternes” , perché, a differenza di tutti gli altri produttori, effettuano lunghissimi affinamenti dei loro vini (mai meno di 20 anni) prima di metterli in commercio: il miracolo di Gilette è che il suo Sauternes conserva una freschezza incredibile, senza traccia alcuna di ossidazione, rivelando una straordinaria complessità. Alle note di frutta essiccata (pesche, albicocche, ananas) che si avvertono al primo impatto subentrano quelle di brioche, tabacco biondo, vaniglia, caffè, creme brulée e molto altro ancora. Certo il sémillon, dominante, col suo 90% nel blend (la parte restante è costituita per l’ 8% da sauvignon e il 2% dal muscadelle), amato dalla bortytis, ha la sua parte nel miracolo. L’altra è dovuta per metà ad una intuizione di René Medeville, il nonno di Julie, e per l’altra ad una necessità economica. Quando si installò a Preignac, negli anni ’30, René dovette ricominciare quasi da zero una storia iniziata dal nonno Numa , un abile viticultore di Cadillac-sur-Garonne, che aveva acquisito Gilette dalla moglie, Marie Despujols, la cui famiglia ne era proprietaria dal ‘700. Joseph, il figlio di Numa, non era interessato all’attività paterna e al mondo del vino, e perciò René, subentrandogli, trovò una situazione disastrosa. Cercò di arrangiarsi alla meglio, portando qualche materiale da Cadillac, un torchio e alcune barriques. A quel tempo non era facile ottenere credito, c’era crisi in tutto il Sauternais, e poi… quanto costavano le barriques! Andavano continuamente rinnovate, perché dopo pochi anni (4-5) non apportavano più niente di ciò che conferisce al vino il legno nuovo e bisognava comperarne altre. Alle ristrettezze finanziarie il nuovo proprietario cercò perciò di rimediare con una soluzione più economica, facendo costruire nella sua cantina delle cuves di cemento, che già qualcuno utilizzava altrove. Quella che sembrava solo una scelta estrema dettata dalla necessità, si rivelò invece una carta vincente , perché, col tempo, il vino sembrava evolvere diversamente e assai più lentamente . Tanto che, dopo 4-5 anni, il vino non sembrava ancora pronto, come chiuso. Medeville decise allora di allungare il tempo di affinamento, portandolo gradualmente a 20 anni e più (il 1955 è stato messo in commercio nel 1984, a 29 anni dalla vendemmia).
Gilette si trova al centro del piccolo borgo di Preignac, tra Barsac e Sauternes, di fronte, un po’ più a sud, di Sainte-Croix du Mont, dove si produce un vino bianco liquoroso con un uvaggio simile con una propria AOC. Posto tra la scuola e il cimitero, non granché bello a vedersi , con le croci bene in vista, questo lieu-dit di 4,5 ettari è cinto di mura come un clos borgognone; il suo suolo è costituito da graves e sabbia su fondo calcareo, simile a quello della vicina Barsac Situata quasi a uguale distanza dalla Garonne e dal Ciron, e con un terzo, più piccolo affluente della Garonne, l’Euillot a sfiorarla, Gilette non ha certo il problema della botrytis. La sua posizione mediana gli attribuisce un po’ del Sauternes e del Barsac. Del secondo ha la sua grande freschezza, del secondo la ricchezza.Se ne produce pochissimo, con rese annue molto basse (dieci hl./ha. ,tra 3000 e 6000 bottiglie in tutto), più o meno un anno su due, perché se la botrytis arriva a Sauternes tutti gli anni, più raramente arriva ai livelli richiesti per elaborare una “crême de tête” come Château Gilette. Negli anni ’60, particolarmente difficili, si produssero solo tre millesimi su dieci di Gilette, ritenuti all’altezza qualitativa richiesta. L’uva viene vendemmiata praticamente acino per acino, attraverso più triages successivi, e termina a fine settembre nelle annate molto precoci (come la 2003) e a metà novembre in quelle più tardive. Deve essere perfetta, perché solo quella ben ricoperta dalla botrytis , dopo una completa maturazione, assicura la ricchezza di aromi del vino. Il mosto viene pressato molto dolcemente con una pressa pneumatica, e il succo, con un grado di alcol potenziale compreso tra i 19 e i 22 gradi, viene fatto fermentare a temperatura controllata (mai superiore a 17°) in un vaso vinario di acciaio, dove può restare per diversi mesi (in taluni casi fino al luglio successivo alla vendemmia. L’élevage avviene invece in una vasca di cemento piena, chiusa ermeticamente. Qui resta da 15 a 18 anni, quando ne viene estratto per l’imbottigliamento, dove il vino permane ad affinarsi per almeno altri due anni.
La grandezza di Gilette è dovuta alla lentissima maturazione del vino che avviene per riduzione, senza alcuna ossidazione, ciò che gli permette di mantenere una freschezza assolutamente unica a distanza di decenni. Il vino sembra quindi assai più giovane. Ribevuto a 36 anni dalla vendemmia e a 7 dall’ultima bottiglia bevuta di quell’annata, il 1983 conserva una eleganza e una delicatezza senza eguali, esibendo un incredibile colore nuancé di sfumature rosacee, un bouquet di notevole grazia, nel quale confluiscono note di frutta disidratata, confettura di agrumi, tanto zafferano, sul palato scorre dolce ma senza alcuna stucchevolezza. Neppure il robusto roquefort al quale l’abbiamo accompagnato è riuscito a sconvolgere la sua inconfondibile grazia. Semplicemente magnifico. Sarà un caso che Bettane citi un Gilette del 1990 come prima delle 20 bottiglie da lui scelte per che illustrare cos’é un “grand vin”? Oggi, il 1983 vale 97/100. E il costo? Se lo trovate, intorno ai 200 euro la bottiglia.
Gonet-Medeville, Chateau Gilette, 4 rue du Port, 33210 Preignac, http://gonet-medeville.com/