Quarantadue anni non sono pochi per un Pomerol e non lo sarebbero neppure per un più robusto Pauillac, ma tant’é. Avevo ritrovato questa bottiglia riordinando il settore della mia cantina riservato ai vecchi Bordeaux e non era certo il caso di aspettare ancora.
Si trattava di uno Château La Vray Croix de Gay del 1978. Da non confondere con lo Ch. Croix de Gay e con lo Ch. de Gay, che peraltro non sono lontani. Una volta era denominato Vraye Croix de Gay, poi, appunto negli anni ’70, la “e” finale era scomparsa.
E’ un piccolo château, situato sul plateau calcareo di Pomerol, la più piccola (circa tre chilometri per quattro, più o meno come St-Julien) delle due appellations maggiori del Libournais, a nord-ovest di St.-Émilion: si tratta in tutto di 800 ettari e 140 produttori, con una media di meno di 6 ettari di proprietà. Siamo quindi ben lontani dagli 80-100 ettari delle proprietà più grandi del Médoc. La Vrai Croix de Gay è ancora più piccola: 3,67 ha. risultanti da due parcelle in posizione favorevolissima: la prima dietro le vigne di Ch. Pétrus e l’altra dietro Trotanoy. Anzi , la prima praticamente dentro La Fleur e l’altra vicino Trotanoy in direzione di Le Pin, come dire la parte migliore di Pomerol. Suoli bruni a tessitura gravelo-sabbiosa, con una proporzione importante di graves e ciottoli. Ma la caratteristica di questa parte del Pomerolais, soprattutto di quella a est, dove sono Pétrus e La Fleur, sono, come si sa, le argille, di qualità eccezionale: finissime, trattengono l’acqua piovana quando e come occorre, facendo in modo che la vigna non sia mai troppo secca né troppo umida.
Profondo, setoso, dal frutto goloso, che si arricchisce di note caratteristiche di violetta e di tartufo, quando è giovane, quando è di età vetusta come la bottiglia in oggetto, una volta liberatasi dei sentori di chiuso (a quest’età la bottiglia va aperta almeno due-tre ore prima, senza decantarla, e il giorno dopo è ancora migliore), sprigiona sentori di terra, prugna nera, violetta, con evocazioni chinose. E’ un Pomerol delicato più che opulento. Non ha la potenza dei grandi vicini, ma mostra grande finezza e molta grazia ancora adesso. Inutile aggiungere che, anche molte ore dopo, ha resistito stoicamente alla lunga ossigenazione. Una bella bottiglia di Bordeaux della fine degli anni ’70, quando i vini stupivano per la loro finezza più che per la loro potenza muscolare e alcolica.
Le origini della Vray Croix de Gay risalgono alla fine dell’800, quando fu costituito da Joseph Brisson. In epoca più recente e fino al 2005 lo Château fu gestito dagli Ets. Moueix. Di proprietà della famiglia Goldschmidt, che possedeva anche lo Ch. Siaurac, in Lalande-Pomerol e Ch. La Prieure a St.- Emilion, fu acquistato da François Pinault e la sua Artémis nel 2014.
A La Vray Croix de Gay il merlot rappresenta l’80% della vigna, e il restante 20% è costituito da cabernet franc. Il merlot è oggi largamente maggioritario nel territorio di Pomerol, per quanto sia di insediamento più recente, almeno dagli inizi del secolo scorso, quando cominciò a sostituire gradualmente il bouchet (nome locale del cabernet franc) e il noir de Pressac, il malbec, oggi diffuso soprattutto nella regione di Cahors. L’età media delle vigne, in gran parte ripiantate già dalla famiglia Goldsmith, è di circa 45 anni. Dal 2008 la vigna è coltivata con metodi sostenibili, prima di volgere, a partire dal 2016, alla coltivazione organic e alla biodinamica. Normalmente non è spaventosamente longevo , ma i suoi 15 anni se li fa senza grandi problemi. Bevuto giovane, a 5-8 anni, è delizioso. Ecco un Pomerol molto piacevole e ancora dal costo abbastanza accessibile (50-60 euro).
Château La Vray Croix de Gay, Ciorac, 33500 Néac