Terre de Vins, no. 79, Septembre-Octobre 2022, € 6.00 in Francia, € 7.10 in Italia

TdV 79Le immancabili “Foires aux vins”, tanto amate dagli appassionati francesi, sono il tema principale di questo numero, peraltro ricco di molti altri temi e con varie appendici , come i quaderni dedicati  ai vini di Cairanne e a un itinerario eno-turistico nelle Côtes-de-Gascogne.

Andando oltre le Foires  perché di minore interesse per i lettori italiani, mi soffermerò un po’ di più sulla Saga di questo mese, riguardante una famiglia protagonista nel terroir di Sainte-Foy Côtes de Bordeaux, una appellation minore del bordolese da riscoprire , la verticale di Château St.-Jacques e l’itinerario nella “Rive Droite” del Rodano settentrionale. Sul resto, giusto un doveroso accenno.

St-Foye-de-Bordeaux si trova all’estremo est del vignoble  bordolese, al confine con la Gironde, la Dordogne e le Lot-et-Garonne, nell’Entre-Deux Mers: una serie di piccoli coteaux in parte ricoperti di vigne e in gran parte di boschi. Apparentemente una terra da caccia più che da vigna. I grands crus del Médoc, St.Émilion e Pomerol sono lontani e si tratta di un territorio poco conosciuto, finora solo per i suoi vini bianchi a buon prezzo. Ora le carte si sono rimescolate e, oltre ai bianchi, secchi e liquorosi, cominciano a prodursi anche interessanti blend rossi. Tra i produttori guida di questa appellation sono Yves e Nadine Hostens-Picant , affiancati  dalle figlie Charlotte e Valentine. Benché la proprietà, oggi  39 ettari, per il 60% dedicati alla produzione di rossi, abbia origini antiche , probabilmente risalenti al 1460, quando gli Hostens-Picant l’acquistarono nel 1986, era ridotta a povera cosa: un modesto fabbricato in cattive condizioni e una ventina di ettari di vigna, non in buone condizioni, le cui uve erano conferite a una cooperativa. Cambiato il nome , da Château Grangeneuve a Château Hostens-Picant, la tenuta fu rivoltata da capo a piedi, le vigne ristutturate con nuovi impianti che raddoppiavano la densità da 330 a 660 ceppi per ettaro, riformulando le parcelle e e analizzando dettagliatamente i suoli. La consulenza, dal 2004, di Stéphane Derenoncourt, che aveva fulminato Yves con uno dei vini da lui curato (lo Château Pavie-Macquin, Grand cru di St.-Emilion, del 2007), portò ad un veloce  rilancio del cru. Come afferma Nadine, nel corso dell’incontro-intervista, quando arrivarono, non c’era nessuno ad aspettarli, in un territorio sconosciuto e i vini ancora più sconosciuti. Il marito Yves, nativo di Arcachon, ma installato a Parigi con il Sud-Ouest nel cuore, non si fece sfuggire l’occasione quando lo vide per la prima volta, pur nelle pessime condizioni in cui si trovava e trovò subito l’accordo con i vecchi proprietari, che possedevano lo Château da 90 anni.

La verticale.  Di proprietà della Maison Louis Jadot, che lo acquistò nel 1996, lo Château  des Jacques è uno dei Domaines più importanti del Beaujolais: 45 ettari di vigna, di cui 36  nel Moulin-à-vent, famoso per i suoi Beaujolais “de garde”vinificati alla borgognona. Tra le numerose cuvée di Moulin-à-vent prodotte (altre sono di Fleurie e Morgon), TdV ha scelto quella del Clos de Rochegrès, di cui ha assaggiato 10 millesimi, dall’annata 1978 alla 2020. 1999 e 2016, con 19/20 (TdV oscilla, da un numero a una sezione all’altra della rivista, tra votazioni in ventesimi e in centesimi), hanno ottenuto i punteggi più alti: stupiscono la freschezza del vino del 1999, ormai quasi a quasi un quarto di secolo dalle vendemmia, e la tensione di quello del 2016, che riscatta un 2015 meno brillante. Tra le annate più vecchie, brilla la 1985, con 18.5/20, un vino molto gourmand ancora marcato dalla proverbiale freschezza di questo cru anche a distanza di decenni.

La prima delle altre degustazioni minori, della serie “Pépites”,riguarda  i vini da vigne a piede franco dei vari territori dell’Esagono, dal famoso Romorantin Provignage di Henri Marionnet al robusto L’Argnée 2019, Gigondas della Famille Perrin. Tra vini i cui prezzi si aggirano ormai su quote piuttosto alte, di 60-70 euro, spiccano il Franc de Pied  Vin de France 2018 del Domaine de Lansac, di sofisticata rusticità (16 euro), e l’Anjou blanc 2019 del Domaine Delesvaux, ricco e complesso. L’altra degustazione è in effetti giusto un primo approccio rapido con i vini di Irancy, isola di pinot noir prossima a Chablis: un’appellation che non ha pari reputazione, ma, complice il riscaldamento climatico e un livello di prezzi ancora ragionevole, comincia ad essere maggiormente ricercata.

L’itinerario eno-turistico, come si è detto, riguarda i territori delle denominazioni della rive destra del Rodano settentrionale, la Côte-Rotie, naturalmente, Cornas , ma anche quelli dei bianchi più famosi della regione (Condrieu e quella miniscola di Château Grillet in primis  , Saint-Péray e Saint-Joseph). Il modello è quello classico: una introduzione succinta, con molte belle fotografie a colori, e sei schede (una per ciascun territorio considerato) di Domaines emblematici da visitare. Quali sono? Il Domaine de Lorient a St.-Péray, il Domaine Georges Vernay a Condrieu, la Cave de St.-Désirat, nel terroir di St. Joseph, la Maison Ferraton, nell’Hermitage ardéchois, il Domaine Courbis, tra St.Joseph e Cornas, e infine il Domaine Guigal ad Ampuis.

Cos’altro, a parte le consuete rubriche degli Actu e tematiche ?  La guerra delle campane dei crus di St.-Emilion, le potenzialità dei secondi vini dei grands crus del Médoc, la cucina del sole di Nîmes, l’incontro con l’attrice Isabelle Carré e il film “La dégustation”.