Falkenstein 2009 trisIl riesling, si sa, è una delle varietà a bacca bianca da cui si possono produrre vini molto longevi: spesso da fare impallidire i rossi cosiddetti “da invecchiamento”. In proposito ho splendidi ricordi di Auslese moselliani di oltre cinquant’anni in splendida forma. Non sono altrettanto  resistenti al tempo i nostri, neppure quelli dei territori più adatti al riesling, come la Val Venosta, la più piccola area vinicola dell’Alto Adige, ma nche questi, tradizionalmente secchi, si difendono  molto bene.

Smaragd 2008 bisStregato da una vecchia bottiglia di Grűner Veltliner austriaco ripescata in cantina dalla cassetta dei “bianchi da bere” che avevo messo da parte prima del lockdown: colore giallo dorato con leggeri riflessi aranciati, al naso un tripudio di bucce di agrumi rossi , albicocche, ananas e zenzero canditi, sul palato un grande equilibrio tra freschezza acida e mineralità salina. Profondo e coinvolgente  sollecita un altro bicchiere.

96CRE1Non mi capita spesso di assaggiare dei cabernet californiani, ed è stata davvero una bella sorpresa questa vecchia bottiglia di Santa Cruz Mountains, seconda etichetta del Montebello di Ridge Vineyard, del 1996. Colore granato senza cedimenti aranciati, all’olfatto è intenso, con frutti scuri, moka, terra umida, note pepate , sul palato è ancora sorprendentemente giovane, ha densità e struttura senza rudezze , speziatura fine, tannini ben risolti .

Rauzan 1982bisDi colore granato con orlature arancio, il vino appare molto evoluto, ma ancora integro, con profumi terziari di terra umida, fiori essiccati, prugna disidratata, sul palato appare un po’ leggero, forse anche leggermente scomposto: non una grande prova, anche se ancora bevibile. E’ uno Château Rauzan-Ségla , second cru classé di Margaux, del 1982, quasi 40 anni dopo.  La 1982 è unanimemente considerata una delle più grandi annate di Bordeaux prima degli anni duemila, ma non per Rauzan-Ségla, a quel tempo in difficoltà gravissime, dopo una serie di passaggi di proprietà nei quali aveva progressivamente perso la propria identità.

Vray Croix de Gay 1Quarantadue anni non sono pochi per un Pomerol e non lo sarebbero neppure per un più robusto Pauillac, ma tant’é. Avevo ritrovato questa bottiglia riordinando il settore della mia cantina riservato ai vecchi Bordeaux e non era certo il caso di aspettare ancora.

Si trattava di uno Château La Vray Croix de Gay del 1978. Da non confondere con lo Ch. Croix de Gay e con lo Ch. de Gay, che peraltro non sono lontani. Una volta era denominato Vraye Croix de Gay, poi, appunto negli anni ’70, la “e” finale era scomparsa.