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Le denominazioni, si sa, quando coprono aree estese, come quella del Chianti Classico, al di là della condivisione delle loro basi varietali, comprendono vini molto diversi tra loro: anche un palato non troppo esperto può abbastanza facilmente percepire quanto sia diverso un Chianti Classico di Radda o Gaiole da uno di Greve o Castelnuovo Berardenga. Per questo è difficile individuarne un solo prototipo, e ormai si parla apertamente di suddivisioni territoriali più ristrette e specifiche (le cosiddette zonazioni) nelle quali articolare la DOCG.
Leggi tutto: Più Classico non si può: Chianti Cl. Castell'invilla
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Les Bacchantes Corbon 2009
Ricco e maturo, ha naso complesso che sente le albicocche mature, accompagnato da note più fresche di crostata di agrumi, cedro e cioccolato bianco. L’impressione, se non fosse uno Champagne , sarebbe quasi di un grande bianco di Puligny-Montrachet. Les Bacchantes, alla sua prima prova, è una cuvée nella quale Agnès Corbon ha riversato tutto il suo grande talento e che esprime al meglio la solarità del cru di Avize.
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Per comprendere appieno l’enormità della recente “putinata” , con la quale il governo russo, appropriandosi del nome “Champagne” (ribattezzato “shampanskoye”), ha imposto agli champagne francesi di rinunciare al proprio nome in etichetta, basti questo assaggio.
Purissimo e di grande eleganza e precisione, il Minéral 2013 di Agrapart è un prototipo dei blanc de blancs della Côte des Blancs, dove lo chardonnay acquista una finezza e una mineralità ineguagliabili rispetto a tutti gli altri grands crus della Champagne.
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Il vino che non ci aspetterebbe in una cultura vinicola nella quale il sistema delle denominazioni é rigorosamente gerarchizzato con al vertice i grands crus e alla sua base le appellations régionales. Ebbene, il Bourgogne Le Chapitre, pinot noir a denominazione regionale, sia pure “con menzione geografica aggiuntiva” è ben al di sopra del suo status attuale.
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Se la filosofia dei vini borgognoni è rappresentata dalle selezioni parcellari, quali che siano le loro dimensioni, anche irrisorie, quella degli Champagne è l’assemblage. Naturalmente in questi ultimi la nobiltà del terroir e la qualità eccezionale delle uve che se ne traggono non sono meno importanti, così come restano imprescindibili l’abilità dei vignaioli e dei vinificatori, ma le vere divinità “ex machina” sono gli chef de cave, ovvero chi decide l’assemblage: di tipi di uva, di terroir, di annata. Sì, perché se anche nella Champagne vi sono cuvée parcellari entrate nella leggenda, l’assemblage può dar vita a vere e proprie magie.
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