Dire Mastroberardino è come dire la storia del vino campano. Questa azienda ha ormai quasi 150 anni di vita (fu infatti fondata nel 1878) e, fino alla fine degli anni ’80, è stata praticamente la sola azienda dell’Irpinia ad avere notorietà nazionale. Oggi, con i suoi 200 ettari di proprietà, ai quali se ne aggiungono quasi altrettanti in conduzione, che significano due milioni e mezzo di bottiglie di produzione l’anno, è- per le dimensioni medie regionali – un colosso ,il cui marchio è praticamente presente in tutto il mondo.

In diverse altre occasioni ho avuto modo di smentire con forza la credenza , ancora radicata in molti consumatori, che i vini bianchi andrebbero sempre bevuti il più possibile giovani, magari entro un anno dalla vendemmia, mentre i vini rossi possono essere apprezzati solo dopo un congruo invecchiamento, talvolta di molti anni . Innanzitutto è falso che i vini bianchi abbiano “necessariamente”minore capacità di durare nel tempo: é vero però che se le persone credono fermamente in qualcosa, non è loro difficile trovare spiegazioni pseudoscientifiche della loro convinzione , ad esempio che i bianchi hanno minore capacità di invecchiare perché separati dalle bucce oppure perché non fanno uso ( o ne fanno in minor misura) di legno, e così via.

Era proprio arrivato il momento di berlo, questo Lessona del 1975. Lo avevo preso tra le mani in occasione di uno dei controlli periodici dello stato delle bottiglie in cantina. Mi trovavo nel settore dei vecchi vini da Nebbiolo piemontesi, provenienti dalle zone al di fuori delle Langhe, dove si trovava con altre vecchie bottiglie, alcune di diversi decenni, di Gattinara (soprattutto) , Ghemme, Boca, Carema …

E’ tempo di vendite en primeur. Non ancora del tutto chiusa (ma ancora per poco) la campagna del 2009 , in consegna dall’autunno di quest’anno, é già in pieno lancio quella della vendemmia del 2010, un’annata che, almeno a Bordeaux ( e soprattutto per i grandi rossi da Cabernet), si preannuncia molto positiva, forse  più del già straordinario 2009, anche per quanto riguarda la possibilità di lunghi invecchiamenti, a cui le elevate acidità sembrano predisporre.

 Uno dei tanti luoghi comuni che accompagnano il mondo del vino, al pari di quello per il quale i formaggi richiedono “un grande vino rosso”, è che i vini bianchi non siano capaci di invecchiare, e che sia meglio berli entro un anno dalla vendemmia o al massimo due o tre.

Che questo sia del tutto infondato è dimostrato certo da autorevolissimi esempi, come certi Riesling della Mosella, a proposito dei quali si racconta di bottiglie dei primi decenni del secolo scorso e ancor prima tuttora in vita, o i grandi Montrachet borgognoni, che hanno resistenze talvolta superiori ai 20 anni, ma anche da vini, forse meno famosi ed aristocratici di casa nostra: basti pensare allo Chardonnay della Cantina di Terlano (è da poco stato messo in commercio il 1996), o a certi Fiano di Avellino, specie di quello straordinario terroir di Montefredane, che hanno una notevole resistenza, oppure a certi Verdicchio o Soave che , in vendemmie favorevoli , passano tranquillamente i 7-8 anni.