- Dettagli
- Scritto da mago wow
- Categoria: itestdiwww
- Visite: 4006
In questa rubrica non parliamo dei vini da collezionismo o da asta, anche se talvolta si tratterà di vini di qualità e reputazione tali da poter essere oggetto di interesse per i collezionisti. Il mio punto di vista è che il vino, come tutti i prodotti vivi, abbia un suo ciclo e come tale sia destinato a perire. Non ha perciò senso conservarlo “a prescindere”. Tuttavia comprendo che, quando un vino ci é piaciuto molto, ed ha una certa attitudine all’invecchiamento, si possa essere tentati dalla sfida di riprovarlo a distanza di anni: Ma è un gioco rischioso. Come accorgersi quando non vale la pena più di insistere?
Certo lo stato della bottiglia può aiutarci: più che le condizioni dell’etichetta, che rispecchiano piuttosto il grado di umidità della cantina che lo stato di conservazione del vino (paradossalmente una etichetta troppo perfetta indica che la cantina é trppo secca e questo non é un bene) , sono informativi:
- il colore : una evidente perdita di colore, che può essere rilevata senza grandi difficoltà, nonostante l'affumicatura della bottiglia, semplicemente accostando al vetro una candela; specie se la perdita di colore é associata alla presenza di depositi abbondanti (questi ultimi peraltro sono fisiologici in bottiglie di oltre 25-30 anni);
- lo stato del tappo , che può essere facilmente stimato dalla corrosione della capsula , se metallica, e dalla presenza di fuoriuscite di vino;
- l’entità della riduzione del livello di vino in bottiglia, sia pure con qualche precisazione.
Innanzitutto è normale che il livello dei vino in bottiglia decresca con gli anni. Un vino, anche conservato in condizioni eccellenti, a trent’anni o quaranta dalla vendemmia , non può ovviamente più avere il livello iniziale, perché un po’ di vino evapora, sia pure lentamente, negli anni. Se il calo avviene lentamente e non in modo brusco per un cedimento del tappo, generalmente non produce grandi danni, anche perché con gli anni, il vino si difende meglio dall’ossidazione.
I collezionisti e le società che curano la vendita all’asta dei grandi vini hanno descritto molto accuratamente quando il calo di livello diventa pericoloso, almeno per i grandi Bordeaux e Borgogna. Soprattutto le bottiglie di Bordeaux, caratterizzate da una “spalla” , che le borgognotte non hanno, appaiono vulnerabili all’ossidazione derivante dalla perdita di livello. Quando quest'ultimo scende sotto la spalla (below low shoulder), i rischi sono grandi, la probabilità cioè che il vino sia danneggiato irrimediabilmente è elevata, anche se non è sempre detto. Il limite superiore della spalla (upper shoulder) è invece normale per un vino di 20 anni ed é molto buono per vini di età superiore: i livelli intermedi (mezza spalla, spalla medio-bassa o mid lower shoulder, e fine spalla, rappresentano rischi crescenti. I Bourgogne sembrano più protetti e livelli di abbassamento inaccettabili per un vino del Medoc possono essere privi di conseguenze per un vino della Côte de Nuits.
A parte questi indizi esterni, che tuttavia non sono sempre decisivi, contano molto i dati della conoscenza: quel tipo di vino , e in particolare la sottozona o cru da cui è stato prodotto, sono adatti a un invecchiamento prolungato? Le caratteristiche dell’annata fanno prevedere una maggiore o minore resistenza? Nulla è più decisivo però dell’assaggio. Se comprate una cassa di vino da destinare a un lungo invecchiamento non aspettate direttamente che arrivi alla data stimata del suo apogeo. Sacrificate di tanto in tanto una bottiglia e valutatene l’evoluzione.
Qualche giorno fa ho dovuto stappare una bottiglia di Brunello di Montalcino Biondi- Santi (biondisantispa.com)del 1971. Avevo scoperto una fuoriuscita di vino, di cui non mi ero accorto in precedenza, e che mi aveva insospettito. Il livello del vino in bottiglia era calato fino alla fine della spalla della bottiglia (low shoulder), A quel livello ci sono rischi, anche se andava considerato che si trattava pur sempre di un vino praticamente di quarant’anni. Ero , se non ottimista, speranzoso. Avevo ancora nitido in memoria il ricordo di un Brunello riserva di Biondi Santi del 1955 (grandissima annata), bevuto nel 1981, cioè oltre 25 anni dopo,a Siena , a casa di amici (molto generosi). Una bottiglia entusiasmante, di incredibile gioventù, avrei detto ancora in crescita (anche se non lo sapremo mai). E poi, nel 2004, avevo bevuto un Brunello di Lisini del 1978, che avevo dato per persa, perché il livello del vino era ad un livello persino inferiore a quello della bottiglia che ci accingevamo ad assaggiare, eppure ancora vivo e godibile. Certo il 1971 non è stato il 1955, e bisogna anche dire che, in quegli anni, la riserva di Biondi Santi era , specie nelle grandi annate, un vino decisamente superiore alle corrispondenti versioni normali. Ma, chissà.
Estrarre il tappo , davvero molto “sofferto”, senza distruggerlo e senza farlo sbriciolare nel vino era stata un’impresa. Esserci riuscito perfettamente era sembrato però di buon auspicio. Sorprendentemente il colore del vino era ancora vivo, non vi erano segni evidenti di decolorazione , appariva porpora con riflessi aranciati, appena un po’ velato , ma comunque integro . Non avevo caraffato il vino, che dovevo supporre molto fragile. Di consistenza leggera, molto fluido Naso molto etereo, con note decisamente fungine , lievemente affumicate, sentori caratteristici di stantio (come un armadio poco aerato), di polvere di fiori secchi. In bocca: tannini praticamente scomparsi , si avvertiva solo una leggera vena di acidità, che faceva intuire che quel Brunello , anche se decisamente esausto, aveva ancora un alito di vita.
Certamente il vino aveva già dato tutto quel che poteva e non era lecito attendersi di più, visto anche lo stato della bottiglia. Non sempre le sfide si vincono. Quando riescono, però, le emozioni sono difficili da descrivere (Pubblicato il 16.12.2010).
Scrivi un commento: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
- Dettagli
- Scritto da mago wow
- Categoria: itestdiwww
- Visite: 3379
Del Riesling, dei grandi Bordeaux e Borgogna, si sa che possono sfidare il tempo. Tra i vini italiani é nota a tutti la straordinaria resistenza del Brunello di Biondi Santi, specie in alcune grandi annate (ricordo personalmente un grandissimo 1955 bevuto trent'anni fa come una delle mie esperienze enologiche più emozionanti). Ma anche altri vitigni nazionali tipici, come il Nebbiolo da Barolo, l'Aglianico nel Vulture e di Taurasi hanno resistenza, e si possono avere sorprese entusiasmanti se il vino é di un'annata felice, ed é rmasto tranquillo in una cantina come quelle di una volta, come se ne trovano ancora nelle vecchie case di campagna piemontesi. In molti casi, però, il vino non ce la fa.Dopo 10 anni si rischia sempre. Se anche il vino regge, é spesso il tappo a cedere e il vino,ossidato in modo violento, diventa imbevibile.Vale dunque la pena sfidare la sorte? Certamente non é consigliabile come metodo, soprattutto per quei vini che,pur buoni-buonissimi (la maggior parte), non aumentano neppure di valore e non si vendono all'asta. Tutti i vini hanno la loro evoluzione, toccano il loro apogeo, poi semplicemente decadono. A che vale collezionare bottiglie destinate a diventare cadaveri? Però talvolta si intuiscono le possibilità della sfida , e allora beviamo tutte le bottiglie di una certa partita, ma ne teniamo qualcuna da parte, magari una sola, per vederne l'evoluzione , oppure semplicemente si dimentica una bottiglia in uno scaffale più inaccessibile. Ma quando il vino si rivela ancora vivo e capace di parlarci, l'emozione é grande.
Questa rubrica intende parlare appunto di queste bottiglie e debutta con due annate di un vino che, secondo i manuali, andrebbe bevuto tra i 3 e i 5 anni, con una vita presumibile di 7-10 anni, il Chianti classico.Chianti classico Vignamaggio 1971
Bottiglia integra, con sughero che ha perso l’elasticità di un tempo, ma che riesce ad essere estratto , sia pure in due tempi e con qualche difficoltà.Lievi, ma evidenti tracce di risalita del vino, che colora una buona parte della superficie del sughero. Non caraffato, aperto appena da 15-20’ , il vino, dal colore intensamente rugginoso, è dapprima chiuso al naso, poi mostra toni di champignon e affumicati non sgradevoli, che sfumano sentori di corteccia, chiodo di garofano e polvere di rosa appassita. Buona ed ancora avvertibile l’acidità, con buona corrispondenza naso.bocca. Buona la lunghezza.
Chianti classico Vignamaggio 1975
Bottiglia ancora integra, con sughero elastico, con lievi tracce di risalita, appena accennate sul lato sinistro. Il vino-non caraffato per timore di ossidazioni violente, ma aperto circa 40’prima- mostra un colore tonaca di monaco non troppo scarico e con una sorprendente limpidezza, considerati i 35 anni dalla vendemmia. Il naso si offre sorprendentemente pulito da sentori sgradevoli, fungini o affumicati, ma su un registro decisamente balsamico e di fiori secchi, tra i quali si riconoscono la viola e la rosa appassita. Acidità avvertibile, che conferisce una notevole freschezza all’assaggio, con una buona corrispondenza gusto-olfattiva e lunghezza. Bottiglia decisamente interessante.
Giudizio sintetico: “commovente” per l’annata 1971, “sorprendente” per il 1975 (Pubblicato il 15.11.2010).
Sito dell'azienda: www.vignamaggio.it
Scrivi un commento: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Pagina 6 di 6