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Ho assaggiato per la prima volta Château Gilette una quindicina di anni fa. Mi trovavo a Parigi ed ebbi l’opportunità di provare insieme le annate 1983 e 1985 , entrambe appena messe in commercio, dopo più di venti anni di affinamento in cantina. Fino ad allora (lo confesso) non ne avevo mai sentito parlare, né avevo la più pallida idea di dove fosse Preignac, il luogo dove lo produceva la famiglia Medeville.La prima cosa che pensai era che non avevo mai assaggiato nulla di simile. Sull’etichetta era scritto “Sauternes”, ma , scorrendo mentalmente la lista dei premiers e dei seconds crus del Sauternais, quel nome non lo ricordavo affatto. Semplicemente perché non c’é.
Leggi tutto: Amato dalla botrytis: Château Gilette 1983, 36 anni dopo
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Prendendo delicatamente la bottiglia dalla scaffalatura della cantina, mi sono tornate in mente la straordinaria magnum di Chianti classico Bellavista 1988 dello stesso produttore, assaggiata alcuni anni fa in una verticale di quel vino, e l’altra, de L’Apparita 1990, proposta da Marco Pallanti in un’altra verticale avvenuta nel 2015: due vini in splendida forma, entrambi vibranti e di grande intensità, nonostante gli oltre vent’anni dalla vendemmia.
Leggi tutto: La bottiglia dell'antiquario: Castello di Ama L'Apparita 1987
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Eccola, l’ultima bottiglia del Bricco del Drago del farmacista-vigneron Luciano De Giacomi. Vendemmia 1971. L’etichetta (anche un po’ storta, perché la colla ha evidentemente ceduto) é rovinatissima, come è anche logico per una bottiglia rimasta quasi mezzo secolo in una cantina umida, senza protezioni di sorta, ma , all’osservazione esterna, il resto sembra in eccellenti condizioni.
Leggi tutto: Quel vignaiolo é un drago: Bricco del Drago 1971 di Luciano De Giacomi
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42 anni dalla vendemmia rappresentano per un uomo la piena maturità, ma per un vino sono davvero tanti, anche considerando a parte quelli fortificati, e ancor più se si tratta di bottiglie non risommate. Era quindi con una certa apprensione che avevamo prelevato dalla cantina due bottiglie di quell’età (provenienti cioè dalla felice vendemmia del 1974) da assaggiare insieme con altre più recenti nella cena di Capodanno: si trattava di un Barbaresco di Gaja e di un Barolo di Serralunga, il Collina Rionda di Bruno Giacosa
Leggi tutto: La bottiglia dell'antiquario: un grande Barolo di Vignarionda
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L’ultima bottiglia del 2004 l’avevo assaggiata tre anni fa e avevo stimato una possibilità di conservazione di 12, forse anche qualcuno in più, anni dalla data della vendemmia. Me ne restavano ancora due-tre bottiglie, di quell’annata, più altre tre della 2005. Parlo dello Chablis Le Clos grand cru del Domaine William Fèvre. Poi, a mettermi una pulce nell’orecchio, ci ha pensato qualche settimana fa una nota di Allen Meadows, grandissimo conoscitore dei vini borgognoni, che si asteneva dal valutare nuovamente questo vino (al quale aveva assegnato 95 centesimi nel 2006 ), in quanto aveva trovato inequivocabili segni di premox nelle tre bottiglie (su tre) da lui aperte per l’occasione.
Leggi tutto: Chablis Le Clos Domaine William Fèvre 2004: ancora ottimo, ma meglio non rischiare
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