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Il Vigne de l’Enfant Jésus è un Beaune premier cru , 100% Pinot Noir, proveniente da quello che è sicuramente il migliore climat di Beaune, il cru Grèves. La vigna , già appartenuta alle suore carmelitane, che l’avevano ricevuta in dono dal re di Francia, per aver “predetto” 22 anni prima , nonostante la sterilità della madre, Anna d’Austria, la nascita, da tempo attesa di un erede maschio che sarebbe poi divenuto Luigi XIV, è di proprietà della Bouchard père et fils (oggi Henriot), di cui costituisce uno dei pezzi più pregiati (www.bouchard-pereetfils.com). Pur essendo la vera capitale del vino borgognone, Beaune non ha nessun vino classificato come grand cru. Questo dato sembra incomprensibile, vista anche l’impressionante continuità qualitativa dei vini di Grèves e in particolare di questa Vigna, di cui recentemente si sono degustati vini di vendemmie ottocentesche, e può probabilmente spiegarsi solo con motivazioni di tipo fiscale, visti i costi delle vigne poste in grand cru. Come è stato detto recentemente, Grèves rappresenta uno di quei super-premiers crus , di cui ha parlato Roberto Petronio sulla “Revue du Vin de France”, come il Clos St. Jacques a Gevrey- Chambertin, Les Saint Georges a Nuits-Saint-Georges, Rugiens a Pommard , Les Amoureuses a Chambolle-Musigny, o il Cros Parentoux a Vosne-Romanée, che danno, di anno in anno, vini sistematicamente superiori a tutti quelli delle zone limitrofe comprese sotto la stessa denominazione comunale. Vini che non si intimoriscono di fronte ai più grandi crus della Cote de Nuits, come ama dimostrare Stéphane Follin- Arbelet, che propone il Vigne del’Enfant Jésus in degustazione dopo lo Chambertin-clos-de Bèze grand cru, altro gioiello della Bouchard.
Abbiamo recentemente degustato le annate 2005 e 2006 di questo vino emozionante. Il 2005, come è noto, è stata una grande annata in Borgogna. I vini di questa annata hanno struttura, eleganza, equilibrio e sono destinati, sia i bianchi che i rossi, ad una lunghissima vita. L’annata 2006 , pur di minore livello “globale”, ha comunque evidenziato alcune riuscite maggiori, come è appunto questa della Vigne , che hanno espresso vini di grande suggestione ed eleganza.
Confrontati tra loro, il 2005 mostra una maggiore maturità, una grande pienezza di frutto e uno straordinario equilibrio. Il naso e la bocca propongono intense sensazioni di frutti rossi maturi, ciliegia nera, spezie , cuoio e tabacco con note terrose di grandissima eleganza. Vino di notevole profondità e ricchezza, ha davanti a sé ancora molti anni di vita. Oggi 93/100.
Più immediato il 2006, mostra una intensità di frutto di grande seduzione.Il vino ha corpo elegante, profondità e lunghezza. Elevata la corrispondenza gusto-olfattiva, dove alle sensazioni fruttate di lamponi, ciliege e frutti di bosco, fanno da contrappunto altre più balsamiche, di liquirizia dolce , cacao e tabacco. Oggi 92/100 (Pubblicato il 28.12.2010).
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Quando si dice Sauternes,cioè il vino bordolese, che contende al Tokaij ungherese e ai grandi Auslese della Mosella il primato di miglior vino dolce del mondo, l’immaginario collettivo pensa subito al suo (per ora unico) Premier cru supérieur, Château d’Yquem. Lasciamo perdere, per ora, che il Sauternes (per la maggior parte Sémillon, intorno al 75-90%, e Sauvignon blanc attorno al 20%) non è propriamente un vino dolce, certo non lo è smaccatamente, e non è neppure il solo bianco dolce/non dolce francese di eccezionale qualità (che dire di certi Vouvray moelleux da favola, nella Loira, oppure di alcuni Jurançon?) . Bisogna peraltro aggiungere che questo tipo di vini non accetta la mediocrità, diventando altrimenti stucchevole e talvolta pungente. Il fatto è che Yquem, certo inarrivabile nelle grandi annate in cui la botrytis firma i suoi capolavori, non è il solo grande Sauternes e non sempre, in tutte le vendemmie, il migliore, per quanto la sua regolarità sia notevolissima. Climens, ad esempio, in certe annate è davvero il vino di riferimento, e si colloca comunque sempre su livelli elevatissimi di qualità, anche nelle annate magre, che pure ci sono state (per es. il 1999 e il 2004, in cui persino il grande Yquem non é sembrato all’altezza della sua fama).Come tutti i Bordeaux bianchi (ad es. i Pessac-Léognan), il Sauternes brilla nelle annate ritenute mediocri per i grandi rossi (si pensi al 2007, che ha dato splendidi risultati nel Sauternais e a Barsac). Barsac (ricordo che è possibile adottare sia la denominazione semplice,Barsac, oppure Sauternes, sia quella doppia Sauternes-Barsac) dà vini generalmente un po’ più nervosi e freschi, ma molto eleganti. Tra questi ultimi , Climens (100% Sémillon) , un 1er cru considerato il top della denominazione, è affiancato, specie in alcune annate da un grandissimo Coutet.(75% di Sémillon, 22 di Sauvignon blanc e un 3% di Moscadelle), che ha il non lieve vantaggio di esprimersi generalmente un po’ prima e di costare notevolmente di meno. Fresco e agrumato è un vino di notevole grazia: ne ho riassaggiato le annate 2002 e, qualche giorno fa, il 1998. Già leggendario il primo, ha una leggerezza ed una eleganza degna di una ballerina di Degas. Il tempo lo ha ulteriormente levigato, conferendogli una grazia espressiva straordinaria. Anche il 1998, annata generalmente un po’ meno favorevole nel Sauternais, certo neppure lontanamente paragonabile alla eccezionale vendemmia di quell’anno nel Libournais, è comunque un ottimo Barsac, cui i profumi agrumati, dolci, ma non stucchevoli, di bastoncini d’arancia candita, conferiscono una grande piacevolezza: avrà lunga vita.
Altri Sauternes assaggiati (tutti premier crus, come Climens e Coutet):nell’annata 2003, molto positiva, Guiraud e Suiduiraut.: entrambi notevoli, di grande profondità e lunghezza. Doisy-Daene, un deuxième cru di Barsac, ma di grande personalità, assaggiato in una vendemmia buona, ma non straordinaria (la 2006), ha dato comunque un eccellente risultato, caratterizzato da un grande equilibrio tra dolcezza e finezza (Pubblicato il 17.11.2010).
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Si tratta del vino più aristocratico della proprietà Barton (www.leoville-barton.com), che è anche proprietaria dello Chateau Langoa-Barton. Il vino proviene da un appezzamento di 47 ettari, con un suolo principalmente ghiaioso - argilloso, collocato più o meno al centro dell’Appellation Saint Julien nel Médoc, nell’ambito della quale ha ricevuto, nella classificazione del 1855, il rango di second cru. E’ per la maggior parte costituito da uve Cabernet Sauvignon (72-3%), con poco più del 20% di Merlot (24%) e una piccola percentuale di Cabernet Franc (3-8%). Oltre al grand vin, con le uve delle viti più giovani, viene ricavato anche un secondo vino,La Réserve de Léoville Barton. L’attuale proprietario, Anthony Barton, che nel 1986 ha acquisito da una sorella anche l’altro cru di famiglia, il Langoa, discende da una famiglia irlandese presente a Bordeaux da quasi tre secoli, e precisamente dal 1722. In un mondo, come quello di Bordeaux, in cui il grande capitale ormai la fa da padrone, quella della famiglia Barton, con la sua continuità ormai trisecolare, rappresenta una notevole eccezione. Il grand cru Léoville Barton fu acquisito (e mai più ceduto) dalla famiglia Barton nel 1826, allorquando la grande proprietà Léoville, del Marquis de la Cases, dovette essere spezzettata ( e in parte ceduta) in tre porzioni, una delle quali divenne appunto Léoville Barton, che è anche la frazione più piccola (si tratta comunque di 50 ettari): le altre sono Léoville las Cases e Léoville Poyferré. Di questi tre cru, Léoville-las Cases è il più reputato e certamente il più costoso. Si distingue per una struttura poderosa, simile a quella di un Pauillac (confina infatti con Chateau Lafite), che gli consente tra l’altro una straordinaria longevità. Il Poyferré è il fratello minore, pur essendo, come gli altri due fratelli, anch’esso un 2ème cru. Dà vini un po’ meno potenti e meno eleganti, ma, specie nelle ultime vendemmie (dal 1994 la vinificazione è supervisionata da Michel Rolland), ha conseguito risultati eccellenti, che ne hanno fatto rapidamente salire le quotazioni.
Léoville Barton , per ragioni comprensibili, il più amato dai britannici, non ha motivo di soffrire di alcun complesso di inferiorità rispetto al Léoville las Cases: ha una grandissima eleganza, per nulla offuscata dalla struttura poderosa, che gli consente, nelle annate favorevoli, una lunghissima vita, di 25-30 anni. Naturalmente, come tutti i grandi bordeaux, ha bisogno di alcuni anni- almeno 6-7- per poter rivelare la sua grandezza. Proveniente da vecchie vigne di età superiore ai 30 anni,
fermenta in fusti di legno a temperatura controllata con una macerazione di circa due settimane. Viene quindi elevato in barriques, delle quali al 50% nuove ogni anno, con una permanenza in legno di circa 20 mesi e filtrato prima dell’imbottigliamento.
Questo 2006 si mostra, pur se ovviamente ancora un po’ acerbo, di grande personalità ed eleganza, con un frutto maturo, setoso, e di notevole lunghezza. Per nulla oscurato dai grandi millesimi del secolo, il 2005 e probabilmente il 2009, è certamente superiore al 2007,al 2004 e al pur sorprendente 2008, venendo nel contempo proposto ancora a prezzi abbastanza ragionevoli e comunque proporzionati alla sua indubbia classe. Va anche rimarcata la grandissima continuità qualitativa,su livelli altissimi in tutti gli anni 2000, che le hanno consentito di acquisire le tre stelle della classica Guide della Revue du Vin de France.
L’abbiamo bevuto su un carré affumicato di maiale. La sua fresca acidità gli ha consentito di non soffrire la grassezza del piatto, e i suoi 12 gradi e mezzo di alcool costituiscono ormai un valore aggiunto da non trascurare nell’attuale panorama vitivinicolo, in cui l’alcool è spesso soverchiante. Dall’assaggio si può ipotizzare che raggiungerà l’apogeo non prima del 2015-2018, e avrà una lunga vita, almeno fino al 2025 e probabilmente di più, se conservato in ambiente idoneo.
Anche l’altro cru di Langoa Barton, 3ème cru nella classificazione del 1855, è un vino ragguardevole e consigliabilissimo, ma ovviamente di prezzo inferiore. La proprietà Langoa, quando fu acquisita dai Barton nel 1821, aveva un nome diverso, Pontet-Langlois e apparteneva alla stessa famiglia del grande cru di Pauillac, Pontet Canet . Il castello che si vede sull’etichetta del Léoville Barton è in realtà quello di Langoa, non avendo la proprietà di Léoville Barton un castello proprio.
Valutazione di WOW : 92/100 (31.10.2010).
Tra i St.Julien, abbiamo assaggiato anche Léoville-Poyferré, annate 2007 e 2000. L’annata 2007, decisamente più matura del 2006 (raggiungerà l’apogeo sicuramente alcuni anni prima) è già apprezzabile per il suo frutto maturo e per una notevole freschezza. L’annata 2000 si conferma una annata di riferimento di quest’ultimo decennio. Avvantaggiata anche da una maggiore maturità, si offre al palato mostrando una grande eleganza e morbidità. Andrà ancora lontano.
I giudizi di WOW: 90/100 il 2007; 92/100 il 2000 .
Restando a St. Julien, ci è piaciuto abbastanza anche il Branaire-Ducru, che, oltre al suo secondo vino (Duluc 2006), proponeva le annate 2007 (88) e 2008 (87).
Assaggiati al Merano Wine Festival il 7.11.2010.
Bordeaux di altre regioni assaggiati al Merano Wine Festival :
Péssac: Abbiamo molto apprezzato Smith-Haut Lafitte (un 2007 in grande spolvero, fresco e succoso). Ci è piaciuto più di uno Chevalier lievemente deludente- nell’annata 2007- rispetto ai suoi standard, e di un Carbonnieux (2008), ancora troppo giovane e poco espressivo (il 1998, grande annata, è ovviamente un’altra cosa) .
Generoso e opulento, ma più rustico, il solo St.Estèphe assaggiato, Phélan Ségur nelle annate 2006 e 2007: più ricca e strutturata la prima e con un apprezzabile frutto la seconda.
Tra i vini del Libournais, abbiamo indugiato soprattutto sui St.Emilion. Si staccano nettamente i vini con un apporto importante di Cabernet , Angélus e Figeac. Diversamente da altre interpretazioni del St.Emilion, caratterizzate da una percentuale di Merlot decisamente prevalente, il primo si distingue per un apporto rilevante quanto insolito nella regione, di Cabernet Franc (47%), mentre nel secondo il Merlot non va oltre il 30%, distribuendosi la quota rimanente di uve tra Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Elegantissimo e persistente l’Angélus (soprattutto il 2006, di grande personalità, ma anche il 2007 è su livelli elevatissimi), strutturato e potente il Figeac, proposto nell’annata 2004. Notevole anche il Trottevieille (anche lui 45% di Cabernet Franc): molto buoni sia il 2006, fresco e setoso, sia, ovviamente, il 2000, grande annata di riferimento per i vini di Bordeaux. Ci è piaciuto molto La Gaffelière (nel quale, però, é il Merlot a farla da padrone, con il suo 80%), proposto nelle annate 2008 e 2007, molto piacevoli ed equilibrate .
Pauillac: buoni assaggi di Lynch-Moussas offerto nelle annate 2006 e 2008 (gradevole anche il fratello minore , Les Hauts de Lynch-Moussas, 2006) e ancor più di Batailley (anche lui nelle annate 2008 e 2006). Splendido Pontet-Canet, assaggiato nelle annate 2007 e 2005, polposo, elegantissimo e di assoluto rigore espressivo. Ma su questo vino sarò costretto a ritornare con maggiore ampiezza in un’altra occasione (Pubblicato il 10.11-2010).
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